Traduzione dal “Diario di un curato di campagna” di Bernanos

"Un giorno o l’altro finiremo per esserne contagiati, scopriremo dentro di noi questo male corrosivo/questo cancro. Non si può vivere a lungo con la noia. L’idea m’è venuta ieri per la strada."

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Trascrizione

Traduzione dal “Diario di un curato di campagna” di Bernanos

Giorgio Antonucci

Immagine: Ragazza che legge a una donna e a un bambino- di H. Moore

Ma se si domanda a un malinconico quale motivo abbia di essere tale, che cosa lo opprima risponderà: non lo so, non posso spiegarlo. E in questo sta la infinità della malinconia> Kierkegaard

Giorgio Antonucci

Diario di un curato di campagna di Georges Bernanos. –Traduzione dal francese.

La mia parrocchia è una parrocchia come le altre. Tutte le parrocchie si rassomigliano. Le parrocchie di oggigiorno, naturalmente. Ne parlavo

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proprio ieri con il curato di Nocenfontes: il bene e il male debbono farsi equilibrio, soltanto il centro di gravità è posto in basso, molto in basso. O se preferite, l’uno e l’altro si sovrappongono senza mescolarsi, come due liquidi di dignità differente. Ma il curato ha finito per ridermi in faccia/mi ha riso in faccia. È un buon prete

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molto affabile, molto benevolo, e nell’arcivescovado è considerato uno spirito forte, un po’ pericoloso /uno spirito primitivo forte, magari un po’ pericoloso. Le sue battute sono lo spasso delle canoniche, ed egli le accompagna con un’espressione che vorrebbe viva/ch’egli crede vivace spiritosa, ma che io trovo in fondo così logora, così stanca da far compassione.

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La mia parrocchia è divorata dalla noia, se così posso esprimermi. Come tante altre parrocchie! La noia la divora sotto i nostri occhi e noi non possiamo farci niente. Un giorno o l’altro finiremo per esserne contagiati, scopriremo dentro di noi questo male corrosivo/questo cancro. Non si può vivere a lungo con la noia. L’idea m’è venuta ieri per la

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strada. Cadeva una di quelle piogge sottili sottili che ti penetrano fin nelle ossa, che ti tolgono il respiro. Venendo dalla corte di Saint Vaast il villaggio m’è apparso all’improvviso in tutta la sua miseria sotto un cielo di novembre particolarmente odioso. L’acqua lo circondava da tutte le parti d’una nebbia fitta ed

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esso pareva rannicchiato nell’erba umida come un povero animale spaurito. Ma come è piccolo un villaggio! E quel villaggio era la mia parrocchia. Era la mia parrocchia ma io non potevo salvarlo, lo guardavo con angoscia affondare nella notte, scomparire… Qualche momento ancora e non l’avrei più veduto. Era la prima volta che la solitudine e la desolazione mia e del villaggio m’apparivano in modo così

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crudele.

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